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            LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI

Lo sbarco in Sicilia fu attuato dagli Alleati sulle coste siciliane il 10 luglio 1943, durante la seconda guerra mondiale, con l'obiettivo di aprire un fronte nell'Europa continentale, invadere e sconfiggere l'Italia e, infine, combattere contro la Germania nazista. Da un punto di vista politico l'invasione della Sicilia ebbe una grande influenza in Italia perchè favorì la destituzione di Benito Mussolini e la caduta del fascismo

Quel lontano 27 settembre del 1943 scoppiò la più dura insurrezione della storia recente della città di Napoli, che durò quattro lunghi giorni e portò alla liberazione della città dai nazifascisti un giorno prima dell’arrivo degli Alleati. I nazisti a Napoli saccheggiano, distruggono; gli edifici vengono  incendiati,  la popolazione è costretta ad assistete in ginocchio all'esecuzione di un marinaio sulla soglia dell'Università;  quattordici carabinieri, per aver resistito al palazzo delle Poste, vengono fucilati. La furia nazista raggiunge il culmine nell'incendio della Università: è da qui che inizia la distruzione della città che, secondo gli ordini di Hitler, avrebbe dovuto essere ridotta  « in fango e cenere»;  La scelta del punto di partenza del piano  probabilmente non è  casuale; fu, infatti, nello stesso Ateneo che risuonato più che in altro posto le parole della libertà. Comincia poi la distruzione delle zone industriali,  mentre tutta la città è in ginocchio.

Nella notte tra il 27 e il 28 settembre la popolazione si alternò in un incessante via vai fra le caserme e le abitazioni,  le donne in cerca di viveri e d'indumenti,  gli uomini in cerca d'armi e munizioni. Significativo delle Quattro Giornate di Napoli fu l'abbandono da parte dei nazisti delle caserme e dei depositi militari contenenti ancora piccole quantità di armi e munizioni. Probabilmente ritennero che il suddetto materiale bellico non avesse importanza,  né che sarebbe stato utilizzato dalla popolazione contro di loro dopo il terrore che avevano seminato. Il giorno 29 segna il culmine dell'insurrezione napoletana e, mentre prosegue il generoso afflusso dei giovani e degli adolescenti fra le file degli insorti, compaiono i primi elementi organizzativi. Al Vomero si costituisce il Comando partigiano;  in ogni rione emerge nel corso della lotta una figura di «capo-popolo» che guidano i gruppi degli insorti:  ovunque gli scontri diventano più intensi e persistenti. A Capodimonte è difeso con tutte le forze dai partigiani del rione l'unico serbatoio dell'acqua potabile rimasto intatto.

L'episodio risolutivo si verifica infine al Vomero: il comandante del presidio maggiore Sakau chiede di trattare la resa; è costretto ad ordinare l'evacuazione del campo sportivo e la restituzione dei 47 ostaggi detenutivi, purché i partigiani garantiscano l'immunità al presidio tedesco. È la più grave umiliazione per i tedeschi che avevano creduto d'imporre il loro dominio alla città.  Il 30, pur essendo stata evacuata in massima parte la città dai tedeschi, continuano i combattimenti, gruppi di tedeschi, attardatisi nella ritirata, massacrano alcuni giovani.   Nella masseria Pezzalunga, scoppia l'ultimo combattimento delle Quattro Giornate, con violenti corpo a corpo fra i patrioti e i tedeschi.  Ancora il  l° ottobre i tedeschi attuano l'ultima rappresaglia e aprono un violento fuoco sulla città quasi fino  un'ora prima dell'entrata dei primi carri armati angloamericani nella città liberata.

Costretti alla fuga i nazisti sfogano la rabbia per il colpo ricevuto: distruggono le più preziose memorie di quel popolo che non ha piegato la testa sotto i suoi ordini, consumando un’atroce vendetta.  Presso Nola, i tedeschi danno fuoco all' Archivio Storico di Napoli, cioè alla maggior fonte per la storia del Mezzogiorno dal Medioevo in poi.

Parteciparono alla lotta gli studenti, scugnizzi dei quartieri popolari, intellettuali, operai, antifascisti. L'insurrezione rimase fino all'ultimo un fatto « spontaneo », senza cioè una guida unitaria e politica.

Le Quattro Giornate di Napoli saranno sempre presenti nel ricordo di chi ha combattuto la Resistenza poiché hanno dimostrato la« possibilità» dell'insurrezione cittadina.

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